Una volta detto che la musica esplicitamente diretta al mercato e creata per il mercato è gradevole, resta ancora da vedere se ciò sia sufficiente a fare di essa qualcosa di più  di un semplice sottofondo.

Ciò che a mio avviso distingue la "Musica" (in maiuscolo) dalla "musica" (in minuscolo) è il  rispettivo livello di autosufficienza.

In genere la musica per il mercato non regge alla prova della sottrazione. Una volta messa in cuffia senza l'immagine, il video, lo spot cui è dedicata suona vuota: ancor più banale, ancor più inutile -per quanto conservi un'innocua e superficiale piacevolezza- proprio perché con l'immagine, il video o lo spot, le si è tolto lo scopo cui era destinata, e che essa di per sé non ha e non sa creare.

Si potrà prendere una pietra da terra, caricarla in una fionda e colpire un qualsiasi bersaglio. In quel caso, sempre che si abbia buona mira, si dirà che il sasso ha centrato l'obiettivo. Ma quella stessa pietra, senza fionda e bersaglio, non avrà nulla da fare se non rimanere là dov'è, indifferentemente pestata o scalciata da chiunque, a chiunque indifferente e del tutto inerte.

Nata esplicitamente per soddisfare uno scopo esterno, una volta separata da esso la musica per il mercato rivela  la sua pochezza. E nel migliore dei casi potremo passare qualche secondo ad ascoltarla con la testa altrove, proprio come fanno quei bambini che, pensando ad altro, distrattamente sulla rena ghiaiosa muovono tra i piedi i sassolini colorati. 

Autarchia musicale

La musica pura, o "assoluta" che dir si voglia, può invece permettersi anche il lusso di essere sgadevole, perché pure (e forse soprattutto) in  tal caso crea emozioni in chi ascolta.

Essa può essere associata a particolari supporti; ma non ne sente necessariamente il bisogno perché già di per sé stimola stati d'animo, fa nascere immagini, provoca sensazioni di notevole intensità. 

Insomma è nemica dell'indifferenza, rifiuta la subalternità all'immagine, non si accontenta di un ruolo puramente ornamentale. E per quanto il senso della vista sia quello che con le sue percezioni influenza in modo più diretto e immediato la nostra psiche, la musica pura è spesso capace d'imporsi persino sulle immagini; o quantomeno di porsi, rispetto ad esse, sul piano di una pari dignità e densità emotiva. Può persino essere forte al punto da dare sensi nuovi ad immagini che di per sé apparirebbero scontate, piatte, banali.

Perciò, mentre la "musica" vuol solo essere "sentita", quell'altra - la "Musica"- pretende di essere "ascoltata". Mentre la prima scivola via senza lasciar traccia, la seconda modifica lo stato psichico. Tanto l'una è ancorata ai canoni di un'ovvietà perbenista e buonista, tanto l'altra si sente in diritto d'interpretare un qualsiasi canone con libertà assoluta o addirittura di rifiutare qualsiasi canone.

La Musica pura non è condannata all'ottimismo, non deve sempre sorridere, non ha cura di rassicurare nessuno; ed anche quando fa tutte queste cose insieme non lo fa mai per obbligo ma per scelta, e dunque con la leggerezza che tocca a ciò che non ha vincoli da ossequiare. 

Può consentirsi stranissimi cocktail di gioia e malinconia, depressione ed esaltazione, estasi e turbamento. Tutto le è permesso perché tuttto può liberamente comunicare e trasmettere, unicamente in nome dell'implicito patto che lega musicista e fruitore: dove non c'è intermediario, regola, fine ultimo che imponga l'andamento del gioco.

L'ascolto (quello vero, di Musica vera -e intendo libera) è per sua natura  evocativo: di luoghi, di sensazioni più o meno intense, di stati d'animo vissuti nel passato; e ancora di speranze, sogni, desideri, o anche angosce e paure del tutto astratte e indefinibili.

 E tutto ciò, seppure non raggiunge il livello di una percezione razionale e logicamente giustificata, si mantiene pur sempre sul piano di un'assoluta consapevolezza. Per cui ogni ascolto autentico è accompagnato dalla coscienza di un'impressione, di un determinato mutamento psichico che interviene a cambiare lo stato di coscienza.

 Il vero musicista è colui che vuole alterare uno stato percettivo, il vero ascoltatore è colui che trova in se stesso i motivi dell'ascolto, colui che lo cerca con un atto volontario e con l'esatta consapevolezza che le onde sonore non lasceranno inerti le sue sinapsi. 

Ma i modelli musicali imposti dall'alto, i diktat che facilitano il dominio della musica di consumo, tipo "usa e getta", impartita come sottofondo quotidiano, sottraggono spazio all'indipendenza psicologica di chi compone e diminuiscono drasticamente il numero di coloro che l'ascolto lo cercano davvero.


 

La scommessa

E allora? 

Allora ho pensato di capovolgere  la situazione.

Di non fare cioé musica per il mercato, ma di provare a servirmi del mercato per la mia musica. E l''ho diffusa, almeno in parte, su alcuni siti con licenza royalty free.

Senza pretese, senza ambire a grandi numeri, senza pensare neanche da lontano di poter lucrare chissà quali cifre. Senza produrre musica a ritmi dannati, menando qua e là migliaia di tracce. Senza ripetere cento volte -con l'alterazione di tre note- il "motivo di successo", alla maniera di quei pittori seriali che, per comprare i bonbon, hanno dipinto non so più quanti cavalli per la gioia di seriali collezionisti. 

Da quando è incominciato questo gioco il mio modo di concepire e di fare la musica non è cambiato. E non cambierà.

E ciò che faccio è -e resterà- su Jamendo, a disposizione di chiunque voglia ascoltare: con o senza ulteriori donazioni; con o senza ulteriori vendite.

Per il puro piacere di sapere che in un paese lontano qualcuno -che neanche conosco- conosce la mia musica.

Per il puro piacere di leggere una recensione, e talora anche di scriverla.

Dunque -se volete- soprattutto per semplice, umana, miserrima vanità. Non ricordo chi d'altronde affermava che i cosiddetti "grandi uomini", conosciuti come tali per la grandezza della loro opera, sono sempre -in realtà- di gran lunga inferiori ad essa. Lo dico per gloriarmi, lo dico anche per consolarmi.

Così sia, se vi pare.